Un viaggio fotografico sulle tracce dei Palazzi di Genova di Pietro Paolo Rubens, tra le bellezze della città nobiliare raccontate dal fotografo Fabio Accorà attraverso un vortice di emozioni, un turbinio di sensi che si mescolano e si accavallano ogni qualvolta riconosciamo un palazzo, un portone e ci sforziamo di ricordare un dettaglio, uno scorcio, luoghi che incontriamo ogni giorno della nostra vita ma che ci affascinano come la prima volta.
Fabio Accorrà, genovese classe 1984, ha voluto riprendere questi prestigiosi palazzi in situazioni reali e spontanee, talvolta abbagliati dal sole, nella vita di tutti i giorni. La passione per la fotografia è riuscita a segnare indelebilmente ogni suo viaggio alla scoperta di città, paesaggi, come quelli sconfinati della Lapponia o la vita caotica delle metropoli di New York e Tokyo, dalla sabbia del deserto alla potenza della natura islandese, riuscendo a fornire quella lente di Clio con cui l’immagine diventa cartina tornasole dell’anima di un luogo, spesso costruita con molteplici profili, prospettive e diverse tonalità. Viaggi ed esperienze cui viene poi reso omaggio in pubblicazioni ed esposizioni in giro per l’Italia, tra le quali è possibile ricordare la mostra “I Colori del Giappone” al Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone di Genova nel 2020, o due anni dopo “Venezia colori e parole del silenzio”, un reportage fotografico che racconta Venezia come non si era mai vista, deserta nell’ultimo lockdown. Fabio Accorà ci insegna, quindi, che la fotografia non è solo un semplice “clic”, un dito premuto sul pulsante della macchina fotografica o dello smartphone, ma che una buona immagine, è tale solo se coglie un attimo significativo della vita, solo se capace di esplorare l’essenza di un soggetto andando anche a scovare il dettaglio più nascosto. Per quest’occasione, Fabio Accorà torna ad esplorare la sua Genova, dove le luci, le ombre e le diverse geometrie sono sempre lì, quasi ad aspettare la sua macchina fotografica, puntuale e precisa in ogni minimo dettaglio, e che in questo caso si sofferma sui palazzi della nobiltà genovese. La città storica è una realtà vivente, che gode di una vita vera, e di una sua funzionalità. Il Municipio, le gallerie d’arte, le boutique di lusso e i centri finanziari sono l’esempio concreto di come questa vita continua a scorrere all’interno di così tanto pregio. Andare alla scoperta di palazzi maestosi, portoni semichiusi, scorci di cortili mai visti prima e dettagli insoliti, questo è Bianco/Nero Rubens.
In occasione dei quattrocento anni dalla pubblicazione del libro I palazzi di Genova, edito da Pieter Paul Rubens (1577-1640) ad Anversa, Banca Carige offre la possibilità di riscoprire le splendide architetture dei palazzi nobiliari che già avevano colpito l’artista anversano durante il suo soggiorno in città tra il 1604 e il 1607, attraverso l’esposizione Bianco/Nero Rubens. Dettagli insoliti dei palazzi di Genova.
La mostra ha l’obiettivo di far rivivere per mezzo del bianco e nero delle fotografie di Fabio Accorà e della malleabilità dell’argento dei gioielli di Shari Caviglia l’eccezionalità delle forme architettoniche, delle decorazioni, degli stucchi, e dei prospetti delle dimore aristocratiche, permettendoci di scorgere anche i più minuti dettagli o degli insoliti scorci di questi eleganti palazzi. Rubens rimase affascinato dalle residenze aristocratiche scoperte in città, tanto da volerle presentare come un valido modello abitativo in quanto esse riuscivano a coniugare perfettamente bellezza e comodità: residenze pratiche che rispecchiavano l’indole commerciale dei propri committenti, ma allo stesso tempo dimore sontuose che dimostravano la ricchezza e il potere raggiunto dalla classe nobiliare genovese. È in questo modo che Rubens descrive e presenta nel volume del 1622, attraverso settantadue tavole incise, dodici palazzi nella prima edizione − diventando poi trentuno nella seconda − in cui ogni edificio viene identificato da una lettera dell’alfabeto dalla A alla K.
L’intento dell’artista non era tanto quello di scrivere un trattato di architettura, quanto di redigere una sorta di manuale didattico attraverso il quale proporre un modello di aggiornamento per le architetture della sua città, Anversa, ancora legate ad un gusto medievale. Rubens descrive i palazzi genovesi presentando il prospetto della facciata, la pianta e soprattutto le indicazioni dei vari ambienti del palazzo e del loro utilizzo, coniugando quindi la visione d’insieme delle architetture e la funzionalità delle sale - non solo di quelle di rappresentanza ma anche dei vani privati come camere e bagni, o di quelli di servizio come cucine e cantine.
I palazzi selezionati dall’artista appartenevano quasi tutti all’asse viario di Strada Nuova, con le sole eccezioni delle ville di Albaro e Sampierdarena − allora extraurbane − concentrandosi quindi sulle novità architettoniche introdotte dalla figura di Galeazzo Alessi (1512-1572) nel Cinquecento, per approfondire invece con la seconda edizione del volume, l’architetto seicentesco Bartolomeo Bianco (1590-1657), artefice degli innovativi spazi dei palazzi di via Balbi. A distanza di secoli, le decorazioni e le diverse geometrie di questi edifici ancora affascinano e possono essere di ispirazione per artisti, fotografi, orafi, i quali, attraverso il proprio occhio, la propria inclinazione o creatività, riescono a fornirci letture sempre nuove e personali di quella vivacità culturale che si è potuta esprimere a Genova tra Cinquecento e Seicento sia in campo artistico sia in quello architettonico.